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Per chi è in visita a Salerno la Pinacoteca Provinciale è una tappa che non può mancare. La visita alla Pinacoteca Provinciale di Salerno è un viaggio nella storia dell’arte con le sue tappe più significative, all’interno di una dimora seicentesca che avvalora ancora di più il suo contenuto.

fonte foto: Wikipedia Geofix – Opera propria

La Pinacoteca è infatti ospitata all’interno dello storico Palazzo Pinto, una dimora gentilizia, costruita nel VII secolo, che dal 2001 accoglie la Pinacoteca così come la conosciamo oggi, e ne rappresenta il degno sfondo architettonico. La raccolta della Pinacoteca Provinciale nasce dalla collezione del barone Pinto, appunto, che donò il primo piano del suo palazzo e la sua personale collezione di opere pittoriche. Tra il 1927 e il 1938 si amplia con il recupero, sull’intero territorio salernitano, di opere databili dal XV al XVIII secolo, cui si sono nel tempo aggiunti altri dipinti.

 

La prima esposizione aperta al pubblico arrivò in occasione della Mostra che gli Artisti del Salernitano allestirono in occasione dell’VIII Centenario della Fondazione del Regno dell’Italia Meridionale.

Nella sezione del rinascimento meridionale e del tardomanierismo sono particolarmente pregevoli le tavole di Andrea Sabatini da Salerno, di cui ricordiamo il Polittico di Buccino, e Il Trittico del Maestro della Incoronazione di Eboli. Nella sezione che raccoglie le opere di matrice naturalista caravaggesca fino al tardobarocco giordanesco, di grande interesse sono le tele seicentesche di Giovanni Battista Caracciolo, in particolare la sua Salomè con la testa di San Giovanni Battista, ma anche di Andrea De Lioni, Carlo Rosa, il Guarino con il suo incredibile Sacrificio di Isacco. Molto rappresentative del Settecento e della pittura di genere sono le tele di Francesco Solimena e della sua Accademia.

Questi tre cicli pittorici sono accorpati in un unico percorso espositivo, dove emergono una diversa concezione dello spazio e del colore nella ricerca della perfezione prospettica, alla pittura di maniera, in cui l’artista riprende il linguaggio dei grandi maestri ricercando la complessità per dimostrare la sua abilità con torsioni e contrasti molto forti.

 

Segue un secondo percorso espositivo dedicato specificamente ai pittori salernitani e ai cosiddetti costaioli, vissuti tra la seconda metà dell’Ottocento e il Novecento, sono raccolte numerose testimonianze e opere. Il percorso traccia un itinerario di tipo tematico e non per autore, suggerendo come artisti si ispirassero tutti a temi ricorrenti, che vanno dai passaggi a folklore locale, ai ritratti di parenti, amici o notabili.

L’esposizione finale raggruppa invece gli artisti stranieri, di particolare importanza in una provincia come quella salernitana che dal Cilento alla Costiera amalfitana è stata percorsa dagli eredi del Gran Tour e formatasi a seguito di numerosi lasciti, donati da congiunti o amici degli artisti che qui realizzarono le opere esposte come quelle Stefan Andres, Kurt Craemer, Richard Dölker, Monica Hannasch, Irene Kowaliska, Bruno Marquardt, Vassilij Necitailov, Lisel Oppel, Karli Sohn – Rethel, Michael Theile, Peter Willburger.

Il Gran Tour segnò un rinnovato interesse degli artisti e degli intellettuali verso la civiltà magno-greca e quindi per la riscoperta di Paestum della Costa d’Amalfi che, a seguito del II conflitto mondiale, raccolse tanti esuli in fuga dai regimi totalitari. Proprio il paesaggio costiero è un tema ricorrente nella produzione di questi artisti, insieme alla rappresentazione di scena di vita quotidiana e alle bianche case a cupola mediterranee affacciate sul mare, tipiche dei paesi della Costiera Amalfitana.