L’acquedotto medioevale in pietra, i cui resti sono oggi visibili in via Arce, con un triplice ordine di archi, serviva l’abbazia di San Benedetto, la cui origine è fissata agli inizi del IX secolo. L’abbazia costituiva l’epicentro culturale dell’Ortomagno.
Nelle parole di Giovanni Guardia si legge:
«La lunghezza stimata era di circa 650 metri (255 su archi e pilastri, i restanti affidati a condotte sotterranee o ubicate su muri), con una altezza massima dal suolo di circa 21, con in più tutta una serie di monumentali cisterne adibite alla distribuzione dell’acqua. Queste misure sono state notevolmente ridotte da dissennati ed anche recenti abbattimenti, conservando inalterati, o quasi, solo i 21 metri d’altezza. L’attuale lunghezza si limita a qualche centinaio di metri.»
La parte più antica del territorio urbano è compresa tra i torrenti Fusandola e Rafastia, con il Sant’Eremita affluente del secondo. In origine questi torrenti scorrevano paralleli, poi successivamente il Rafastia, dopo l’attraversamento di via Vernieri, si incanalava fino a formare un’ansa nella zona di Portarotese, per poi sfociare in mare in corrispondenza di via Velia.
Nella metà del IX secolo era già in funzione il più alto dei due ponti canale di via Arce, che derivava le acque del Rafastia per irrigare un “verziere” di San Massimo.
La maestosità dell’opera, che si sviluppava per oltre 600 metri ed è rimasta funzionante per circa un millennio, è testimoniata da una famosa litografia compresa nell’album Italie Monumentale et artistique, pubblicato a Parigi nel 1845 da Lemercier ed intitolata “Salerne. Pont du diable“, ovvero Salerno, Ponte del Diavolo.
Questa resta probabilmente la più grande e affascinante curiosità sull’ Acquedotto medievale di Salerno, legata alla figura oscura di Pietro Barilario, una sorta di stregone che viveva in città ai tempi dell’XI secolo.
Pietro Barilario era in realtà un alchimista e studioso dei testi di esoterismo orientale. Non dobbiamo dimenticare, a tal proposito, che Salerno visse di una fortissima influenza dei saraceni che occupavano le coste amalfitane durante il medioevo.
I modi non convenzionali di Pietro Barilario attirarono diverse dicerie e leggende sul suo conto, in particolare quella secondo cui lo scienziato si sarebbe rivolto al diavolo in persona, che avrebbe costruito l’acquedotto in una sola notte.
Questa suggestione ha un risvolto particolarmente interessante non solo dal punto di vista storico, ma anche dal punto di vista architettonico. Fino ad allora, infatti, gli acquedotti avevano la classica configurazione dei ponti rossi romani, mentre l’acquedotto salernitano medioevale anticipa con i suoi archi ogivali l’architettura gotica che si sarebbe sviluppata molti anni dopo.
Secondo la credenza popolare, molto rinomata in città, addirittura sarebbe pericolo restare sotto gli archi oltre il tramontare del sole.
La leggenda vuole, infine, che Pietro Barilario, dopo che il diavolo tese una trappola ai suoi nipotini, facendoli morire avvelenati con le sostanze lasciate incustodite nel laboratorio dello studioso, si pentì e chiese perdono, diventando appunto un monaco della Chiesa di San Benedetto, servita dall’acquedotto.